sabato 21 agosto 2010

Svegliatevi coscienze oneste

IL CASO

Io, autore Mondadori
e lo scandalo "ad aziendam"

di VITO MANCUSO

Da quando ho letto l'articolo di Massimo Giannini 1 giovedì scorso 19 agosto non ho potuto smettere di pensarci. Ho provato a fare altro e a concentrarmi sul mio lavoro, ma dato che in questi giorni esso consiste proprio nella stesura del nuovo libro che a breve dovrei consegnare alla Mondadori, mi è sempre risultato impossibile distogliere dalla mente i pensieri abbastanza cupi che vi si affacciavano. La domanda era sempre quella: come posso adesso, se quello che scrive Giannini corrisponde al vero, continuare a pubblicare con la Mondadori e rimanere a posto con la mia coscienza? Come posso fondare il mio pensiero sul bene e sulla giustizia, e poi contribuire al programma editoriale di un'azienda che a quanto pare, godendo di favori parlamentari ed extra-parlamentari, pagherebbe al fisco solo una minima parte (8,6 milioni versati) di un antico ed enorme debito (350 milioni dovuti)? Come posso fare dell'etica la stella polare della mia teologia e poi pubblicare i miei libri con un'azienda che non solo dell'etica ma anche del diritto mostrerebbe, in questo caso, una concezione alquanto singolare?

Io sono legato da tempo alla Mondadori, era il 1997 quando vi entrai come consulente editoriale della saggistica fondandovi una collana di religione e spiritualità, poi nel 2002 ebbi l'onore di diventarne autore quando il comitato editoriale accettò il mio saggio sull'handicap come problema teologico, onore ripetuto nel 2005 e nel 2009 con altri due libri.

Conosco bene i cinque piani di palazzo Niemeyer a Segrate, gli uffici open-space, i corridoi interminabili dove si incontra chiunque (scrittori, politici, cantanti, calciatori, scienziati, matematici, preti, comici...), la mensa dove per parlare con il vicino spesso bisogna gridare, il ristorantino vip, lo spaccio dove si comprano i libri a metà prezzo, le redazioni dei settimanali e dei femminili, l'auditorium dove presentavo ai venditori i libri in uscita e di recente il libro che sto scrivendo. So dove si trovano le macchinette del caffè, luogo di ritrovi e di battute, e di gara con gli amici a chi mette per primo la monetina. Ecco, gli amici. Impossibile per me parlare della Mondadori e non rivedere i loro volti e non provare ancora una volta ammirazione e stima per la loro professionalità. Perché questo anzitutto la Mondadori è: una grande azienda di brillanti professionisti. Del resto a parlare sono i titoli e i fatturati, sono i lettori italiani che continuano a premiare con le loro scelte il lavoro di un'editrice che va avanti dal 1907. Un lavoro in grado di vincere anche in qualità, basti pensare alla collezione dei Meridiani, ai Meridiani dello Spirito, ai classici greci e latini della Fondazione Valla. E se uno avesse dei dubbi, prenda in mano il catalogo degli Oscar e di sicuro gli passeranno, perché si ritroverà tra le mani una vera e propria enciclopedia della scienza editoriale in compendio.

Per questo il mio dubbio, dopo l'articolo di Giannini, è pesante. Leggendo ho appreso che non si tratta più di accettare una proprietà che può piacere oppure no ma che non ha nulla a che fare con le scelte editoriali, cioè con l'azienda nella sua essenza. Stavolta è la Mondadori in quanto tale a essere coinvolta, non solo il suo proprietario per i soliti motivi che non hanno nulla a che fare con l'editoria libraria. Quindi stavolta come autore non posso più dire a me stesso che l'editrice in quanto tale non c'entra nulla con gli affari politici e giudiziari del suo proprietario, perché ora l'editrice c'entra, eccome se c'entra, se è vero che di 350 milioni dovuti al fisco ne viene a pagare solo 8,6 dopo quasi vent'anni, e senza neppure un euro di interesse per il ritardo, interessi che invece a un normale cittadino nessuno defalca se non paga nei tempi dovuti il bollo auto, il canone tv o uno degli altri bollettini a tutti noti.

Eccomi quindi qui con la coscienza in tempesta: da un lato il poter far parte di un programma editoriale di prima qualità venendo anche ben retribuito, dall'altro il non voler avere nulla a che fare con chi speculerebbe sugli appoggi politici di cui gode. Da un lato un debito di riconoscenza per l'editrice che ha avuto fiducia in me quando ero sconosciuto, dall'altro il dovere civico di contrastare un'inedita legge ad aziendam che si sommerebbe alle 36 leggi ad personam già confezionate per l'attuale primo ministro (riprendo il numero delle leggi dall'articolo di Giannini e mi scuso per il latino ipermaccheronico "ad aziendam", ma ho preso atto che oggi si dice così). A tutto questo si aggiunge lo stupore per il fatto che il Corriere della Sera, gruppo Rizzoli principale concorrente Mondadori, finora abbia dedicato una notizia di poche righe alla questione: come mai?

Nella mia incertezza ho deciso di scrivere questo articolo. Spero infatti che a seguito di esso qualcuno tra i dirigenti della Mondadori possa spiegare pubblicamente cosa c'è che non va nell'articolo di Giannini, perché e in che cosa esagera e non corrisponde a verità. Io sarei il primo a gioirne. Spero inoltre che anche altri autori Mondadori che scrivono su questo giornale possano dire come la pensano e cosa rispondono alla loro coscienza. Sto parlando di firme come Corrado Augias, Pietro Citati, Federico Rampini, Roberto Saviano, Nadia Fusini, Piergiorgio Odifreddi, Michela Marzano... Se poi allarghiamo il tiro alle editrici controllate interamente dalla Mondadori (il che, in questo caso, mi pare oggettivamente doveroso) arriviamo all'Einaudi e a nomi come Eugenio Scalfari, Gustavo Zagrebelsky, Adriano Prosperi... Sono tutte personalità di grande spessore e per questo sarei loro riconoscente se contribuissero a risolvere qualcuno dei dubbi sollevati da questa inedita legge ad aziendam nella coscienza di un autore del Gruppo Mondadori.

(21 agosto 2010)

La cricca di Belusconi non la farà franca

Vertici Pdl ai finiani: "Niente furbizie
Il processo breve è una priorità"

Cicchitto dopo il vertice con Berlusconi dedicato all'organizzazione del partito sul territorio: "Fra i cinque punti presentati c'è anche l'uso politico della giustizia. Siamo stati chiari, devono esserlo anche gli altri"

ROMA - Sui cinque punti del documento 1 presentato ieri dal Pdl non sono ammesse "furbizie". L'avvertimento ai finiani arriva al termine di un nuovo vertice a Palazzo Grazioli tra Silvio Berlusconi e i dirigenti del Pdl. Il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto non usa mezzi termini: "Non mi sembra che sia il momento dei furbi, ma il momento delle persone serie", dice rispondendo a chi gli chiede delle posizioni di Italo bocchino e degli altri finiani sul documento stilato ieri. "Abbiamo presentato cinque punti sui problemi della società italiana, fra i quali c'è anche l'uso politico della giustizia. Non si può dire che si è d'accordo su alcune cose e poi magari non impegnarsi sull'uso politico della giustizia. Noi siamo stati chiari, devono essere chiari anche gli altri: serietà e non furbizia". Quando gli si chiede se questo valga anche per il processo breve, Cicchitto replica: "C'è una riforma globale della giustizia della quale fa parte anche il processo breve".

Sulla stessa lunghezza d'onda il capogruppo del Pdl a Palazzo Madama, Maurizio Gasparri: "Il processo breve è una priorità, è stato già approvato dal Senato ed è un punto che fa parte del nostro programma. Siamo convinti che" con la componente finiana della maggioranza "si troverà un'intesa: ma se qualcuno volesse derogare a questo patto dei cinque punti illustrato ieri, l'unica alternativa sarebbe il ricorso alle urne per ridare la parola agli elettori".

Uscendo da Palazzo Grazioli, Cicchitto ribadisce anche che se sul documento in cinque punti non ci sarà una maggioranza ampia si andrà alle elezioni. Alle domande sull'esito del vertice di questa mattina, dedicato all'organizzazione dei club e dei circoli del Pdl e alla presenza del partito sul territorio, il capogruppo alla Camera risponde: "E' servito a prepararsi ad una presenza sul territorio nella quale noi ci dobbiamo misurare con la concorrenza che abbiamo con la Lega, con operazioni di contestazione che abbiamo da questa roba, questa nuova aggregazione di Futuro e Libertà. Quindi il Pdl va rilanciato sul territorio in modo capillare".

Della situazione politica italiana si occupa oggi Avvenire. In un editoriale, il quotidiano della Cei parla di grave "rischio di decadenza", dovuto agli scandali, alla rinuncia ai principi, ai personalismi e ai tatticismi esasperati. E afferma che la politica corre il pericolo di "scivolare verso l'insignificanza", quando "qualche suo protagonista sembra non credere neanche lui a ciò che dice, alle strategie che propone, ritenendole talmente provvisorie da poterle cambiare o rovesciare il giorno dopo se la convenienza lo suggerisce". Segue l'attacco, "senza eccezioni di schieramento", ai politici che anziché puntare al bene comune sembrano "perseguire i propri obiettivi per vie traverse" o anziché "elaborare strategie convincenti" vanno "alla ricerca di alleanze improbabili... per raggiungere obiettivi contingenti, o per tentare il colpo grosso di vincere alle elezioni magari riuscendo a sfruttare qualche errore dell'avversario". Il quotidiano dei vescovi chiude con il richiamo alla politica come "arte del governo della società, dell'orientamento dei grandi movimenti popolari" e con una nota di amarezza: "Credere che dopo anni di scandalismo si possa tornare alla nobiltà della politica è pura illusione, perchè si sarà sedimentato un metodo cui non si rinuncerà facilmente".

(21 agosto 2010)

venerdì 20 agosto 2010

Proprio in questi giorni, la verità sul terremoto sta venendo allo scoperto, come i famosi cannoni di Muaaolini, che reano sempre gli stessi, la fiction Berlusconiana, per dimostrae efficienza sta venendo allo scoperto.
I parenti delle vittime, hanno citato la Presidenza del Consiglio per il mancato allarme, ricordate il bistrattato geologo che dette l'allarme e tutti professori dicevano che non era vero.
Come tutte le bugie, anche quella dell'efficienza dei berluscones si sta rivelando una bufala, come anche la scomparsa miracolosa della monnezza dalla Campania.